REGIONALIZZAZIONE SCOLASTICA

COSA NE PENSANO I GIOVANI PROTEO?

Lo scorso 14 febbraio, il Governo giallo-verde ha dato il via libera alla proposta per l’autonomia regionale di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Nonostante non ci sia ancora un accordo definitivo, le scelte destano preoccupazione, soprattutto riguardo al tema dell’istruzione. In vista della manifestazione “No Regionalizzazione scolastica: per difendere la Scuola pubblica italiana”, che si terrà il prossimo 25 giugno a Roma, cosa ne pensano i giovani studenti italiani riguardo il tema della regionalizzazione dell’istruzione?

Regionalizzazione scolastica: la proposta e le preoccupazioni. Nel febbraio 2019 le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno avanzato la proposta di organizzare il sistema educativo secondo la disponibilità economica di ogni singola Regione. Quello che le tre Regioni hanno chiesto è di poter differenziare la programmazione, l’offerta formativa e i percorsi di alternanza scuola-lavoro; disciplinare autonomamente l’assegnazione di contributi alle istituzioni scolastiche paritarie e regionalizzare sia i fondi statali per il diritto allo studio che  il trattamento economico del personale scolastico.

Regionalizzazione scolastica: l’opinione dei giovani Proteo. La proposta, ha scatenato le proteste, poiché regionalizzare la scuola e il sistema educativo e formativo significherebbe favorire le regioni più ricche e a discapito di quelle più povere, ignorare il principio delle pari opportunità culturali e sociali e andare contro il  dettato costituzionale secondo cui la scuola svolge una funziona primaria in tutto il territorio dello Stato e per tutti i cittadini, a prescindere dal reddito, dall’identità culturale o religiosa e dalla Regione di residenza.

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Proprio in queste ore in cui la scuola si mobilita e scende in piazza per dire “no” alla regionalizzazione scolastica e per difendere l’istruzione pubblica, il direttore dell’Osservatorio“Generazione Proteo”, il sociologo Nicola Ferrigni ha riportato i dati del 7° Rapporto di ricerca, da cui emerge come il 60% degli studenti intervistati è contrario alla gestione autonoma dell’istruzione da parte delle singole Regioni.

«Quando si parla di scuola– dichiara Nicola Ferrigni – siamo tutti consapevoli dell’esigenza di un rinnovamento, che tuttavia non può passare attraverso la creazione in partenza di disparità che accentuerebbero le differenze regionali e il divario tra Nord e Sud, quasi a volerlo stigmatizzare».

In particolare, i giovani intervistati appaiono molto critici nei confronti di un sistema scolastico differenziato, giacché ritengono fondamentale un’istruzione democratica basata su programmi e percorsi educativi uguali per tutti (un’idea condivisa dal 30,4% degli intervistati) e che soprattutto garantisca pari opportunità di accesso, eliminando qualsivoglia discriminazione frutto di un eccessivo squilibrio tra le diverse aree regionali del Paese. Secondo il 30% circa degli studenti italiani, infatti, l’autonoma gestione delle risorse economiche in materia di istruzione creerebbe un divario enorme tra le diverse Regioni, a discapito di quelle meno ricche.

La percentuale dei contrari sale in maniera significativa tra gli studenti del Sud Italia e delle Isole (complessivamente il 67,4%), laddove nelle Regioni centrali si mantiene sulla media rilevata a livello nazionale (58,6%). Al contrario, nelle Regioni del Nord Italia, sale il numero dei favorevoli, che rappresentano oltre la metà (55,1%) degli studenti intervistati; tra questi, è oltremodo condivisa l’opinione che debbano essere le Regioni a gestire in maniera autonoma le risorse economiche anche quando si parla di istruzione (37,1%), mentre non manca chi auspica, mediante un sistema scolastico differenziato, una valorizzazione delle specificità territoriali (18%).

No, dunque, alla regionalizzazione, ma sì a una scuola che cambia: «il sistema formativo – continua Nicola Ferrigni necessita di essere ripensato anche alla luce delle trasformazioni sociali ed economiche che hanno caratterizzato il nostro Paese, mettendo al centro il ruolo nevralgico del docente».

L’imprescindibile compito svolto dagli insegnanti in tale processo è infatti riconosciuto dagli stessi studenti che, se da un lato ne esaltano caratteristiche e virtù giudicandolo “uno dei mestieri più importanti” (35,1%), e una “vocazione” (25,5%), dall’altro denunciano come oggi la categoria sia invece sottovalutata e/o sottopagata (30,3%).

«I giovani – conclude Nicola Ferrigni non solo ribadiscono la centralità del ruolo sociale della scuola quale agenzia educativa, ma investono di grande responsabilità gli stessi insegnanti in tale processo, riconoscendo e certificando l’importanza e l’autorità dell’incarico che essi ricoprono, anche attraverso la richiesta di un loro upgrade economico».